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Roi e tempi di pagamento, ecco la mappa del canale ICT



I numeri, il confronto, i progetti… ma come sta realmente il canale italiano oggi? Viaggio negli esclusivi indici di redditività analizzati attraverso l’Osservatorio Canale ICT del Politecnico di Milano. La contrazione equamente distribuita sul territorio rispecchia difficoltà generalizzate racchiuse – In luce, soprattutto la situazione critica dei pagamenti

Marco Maria Lorusso

Pubblicato il 28 Ott 2014


La serie di fattori di natura geografica, organizzativa e dimensionale che contribuisce a rendere molto particolare il mercato italiano non può fare a meno di ripercuotersi su tutte le componenti del canale. Allo stesso modo, le alterne fortune imprenditoriali dei clienti sono strettamente legate ai risultati di bilancio di distributori e rivenditori. Questa situazione trova riscontro nell’Osservatorio Canale ICT del Politecnico di Milano versione 2014, con una serie di cifre che in alcune circostanze possono apparire in contrasto tra loro, mentre all’occhio dell’esperto rivelano una realtà in continua evoluzione, dove non mancano i motivi di sofferenza, arrivando al culmine con la questione, ormai prossima alle soglie del drammatico, relativa ai tempi di pagamento.

«In base all’analisi dei bilanci 2013 (analisi condotta su circa 10mila operatori di canale con un fatturato di almeno 500mila euro) abbiamo potuto ricavare una serie di risultati caratterizzati da luci e ombre – spiega Andrea Gaschi, Responsabile dell’Osservatorio Canale ICT presso la School of Management del Politecnico di Milano -. Si è assistito infatti al miglioramento di alcuni indicatori a fronte del peggioramento di altri, dovuto a un insieme di fattori di cui risulta molto difficile isolare il contributo».

A livello puramente numerico, nel corso dell’anno il canale (analisi operata sugli operatori di canale con almeno 500mila euro di fatturato) ha perso il 7,24% della forza sul territorio. In particolare, il numero di operatori nell’insieme (distributori, rivenditori, ibridi e system integrator) è sceso sotto la soglia psicologica delle diecimila unità per assestarsi a 9.359. Un calo abbastanza distribuito da produrre variazioni minime a livello locale. Il dato più marcato è quello del Lazio, dove la perdita di 204 operatori non intacca più di tanto la quota nazionale, scesa dell’1,06%. La presenza di gran lunga più importante resta quella Lombarda, al 29,4% (in discesa di mezzo punto), nonostante siano 245 in meno gli operatori presenti. In altri casi inoltre, nonostante la perdita presenti cifre significative, la penetrazione è addirittura aumentata. È il caso dell’Emilia Romagna, Toscana, Piemonte e Veneto. Andamento simile, anche se meno accentuato per le due regioni guida del Meridione, Campania e Puglia.

Finanza e bilanci…

Quello che invece merita più attenzione è l’aspetto finanziario, vero specchio dello stato di salute del settore. L’insieme dei dati indica esattamente quanto sia delicato il momento attuale sotto questo punto di vista, con indicatori non sempre facili da interpretare a non di rado in apparente contrasto. «Da un lato osserviamo come la marginalità sia rimasta pressoché costante, con un rapporto medio tra EBITDA (Margine Operativo Lordo) e fatturato che passa dall’8,7% del 2012 all’8,8% del 2013 – osserva Gaschi -, mentre la redditività del capitale investito, misurata attraverso il Return On Investment (ROI, rapporto tra Margine Operativo Netto e Totale Passivo), addirittura cresce, passando da 8,4% a 10,2%».

Per quanto riguarda l’indice EBITDA, è importante sottolineare come resti comunque lontano il valore del 2008, 9,5%, ma sia anche inferiore al 9,0% del 2011. Una situazione altalenante, sintomo di un mercato tutt’altro che stabile. In dettaglio, il principale contributo a questo accenno di ripresa arriva dai rivenditori, cresciuti dall’1,3% all’1,9%. Note positive anche dai rivenditori passati da 6,3% a 6,8%, mentre gli operatori ibridi e le software house si rivelano praticamente stabili.

Un altro aspetto rilevante vede soffrire maggiormente le aziende di maggiori dimensioni, quelle sopra i 50 addetti, dall’insieme delle quali scaturisce addirittura un passo indietro rispetto al 2012, a favore degli operatori intorno ai 10 addetti e soprattutto quelli che vanno da 10 a 50 lavoratori.

Nonostante le apparenze, il ROI può in realtà nascondere invece una situazione meno ottimista. «Il miglioramento può rappresentare una maggiore efficienza da parte dell’impresa nell’impiego del capitale a propria disposizione – avverte Gaschi -, ma anche una riduzione di quest’ultimo, dovuta alla difficoltà di accedere al credito».

Qualche sorriso

In ogni caso, limitandosi alle cifre, il passo avanti è evidente, risalendo da una delle peggiori prestazioni degli ultimi cinque anni, verso un 10,2%, comunque oltre la media dello stesso periodo. In un progresso equamente distribuito sull’intero canale, il contributo più significativo è da riconoscere ai risultati di distributori e rivenditori, mentre le realtà ibride appaiono quelle in grado di beneficiare meno. In linea con l’andamento complessivo infine, i system integrator. A livello dimensionale, la situazione appare molto omogenea, con progressi equamente distribuiti a eccezione delle realtà comprese tra 10 e 50 dipendenti, il cui contributo risulta inferiore.

I timori avanzati riguardo la crescita registrata dal ROI sono legati anche a un altro indicatore, il ROE, Return on Equity rapporto tra l’utile netto dopo le tasse e il patrimonio netto, che esprime la capacità dell’impresa di remunerare il capitale messo a disposizione dai soci. In questo caso infatti, la contrazione appare netta, scendendo dal 13% all’11,4%. Un risultato da ricondurre soprattutto al mondo dei system integrator e solo in parte attenuato dalla prestazione comunque positiva dei rivenditori e soprattutto dei distributori. Una situazione che in questo caso penalizza principalmente le aziende fino a 50 addetti, lasciando un margine comunque positivo per quelle più grandi.

I tempi di pagamento, la nota dolente

Inevitabilmente, anche il mondo del canale non può sottrarsi a una della maggiori problematiche per chi fa impresa in Italia. I tempi di incasso infatti, sono in ulteriore crescita, arrivando a 139 giorni. Nello specifico, si passa da poco più di tre mesi per la distribuzione ai quasi cinque richiesti dal mondo di software house e integratori. Il dato inoltre, segna un ulteriore elemento di difficoltà delle piccole aziende. Mentre le organizzazioni più grandi riescono a risolvere le pratiche in poco più di cento giorni, a quelle più piccole possono servirne anche 149.

«Le maggiori difficoltà si riscontrano proprio a livello finanziario – conclude Gaschi -. Il tempo medio di pagamento da parte dei clienti si è ulteriormente allungato, con una crescita più marcata in particolare per le imprese di dimensioni inferiori, mentre per le imprese più grandi si mantiene nell’ordine dei 3 mesi. Da questo punto di vista il Canale ICT continua a mettere in luce maggiori criticità rispetto ad altri settori dell’economia italiana».

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