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Fatture elettroniche tra privati: ecco come il Governo intende incentivarle

È prevista la nascita di un regime opzionale, agevolato in vari modi, per chi sceglie di inviare le fatture in via telematica. Due sono le modalità che potranno scegliere le aziende e i professionisti. La prima prevede la trasmissione solo di alcuni dati, in via telematica, al fisco, mentre la seconda consente alle parti interessate di scambiare una fattura elettronica completa attraverso il Sistema di interscambio

Pubblicato il 05 Mar 2015

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A sorpresa il 20 febbraio il Consiglio dei Ministri non ha approvato le nuove misure pensate, nella Delega Fiscale, per incentivare le fatture elettroniche tra i privati. Ma ormai sembra questione di pochi giorni: la trasformazione è inevitabile, perché è inevitabile un nuovo modo, più efficiente, di concepire la macchina fiscale.

Un’idea di ciò che ci aspetta è possibile farsela leggendo la bozza del testo che non è stato ancora discusso dal Consiglio. Nascerà un regime opzionale, agevolato in vari modi, per chi sceglie di inviare le fatture in via telematica. La bozza prevede due modalità, a scelta dell’azienda e del professionista. Nella prima si trasmettono solo alcuni dati, in via telematica, al fisco. La seconda è una fattura elettronica completa, che le parti si scambieranno attraverso il Sistema di interscambio, già utilizzato per quelle verso la pubblica amministrazione centrale (dal 31 marzo varrà anche per la PA locale). È una piattaforma dell’Agenzia per l’Italia Digitale e gestita da Sogei.

Nel breve periodo, tutto questo sarà opzionale, ma lo Stato darà alcuni buoni motivi per fare così. Meno controlli fiscali e un’agevolazione sui rimborsi Iva, con cancellazione del visto di conformità o delle garanzie per i rimborsi superiori ai 15mila euro. Vengono cancellati adempimenti come lo “spesometro”, le comunicazioni black list e le “dichiarazioni di intento”. Ovviamente, per i dettagli bisognerà aspettare il testo definitivo, ma la direzione sembra chiara. Di incentivi per la e-fattura B2b del resto si parla già da un anno. Tanto che si ipotizza già una data in cui le nuove modalità diventeranno obbligatorie (come già sono per le fatture verso la Pa): dal primo gennaio 2017 o dall’anno successivo.

Che le novità siano inevitabili lo dimostra anche il fatto che siano parte di un disegno complessivo: lo stesso testo parla di incentivi anche per eliminare gli scontrini fiscali tradizionali, spingendo gli esercenti ad adottare strumenti per la comunicazione diretta, telematica, degli importi al Fisco.

La trasformazione a cui l’Italia mira è strutturale

Il digitale permetterà di rendere più efficiente la macchina fiscale, con il doppio vantaggio di combattere l’evasione fiscale e di ridurre i costi per i controlli. E il motivo è che tutto diventa più trasparente, immediatamente tracciabile. «I soggetti preposti al controllo fiscale possono estrarre direttamente dalle fatture elettroniche quanto necessario per supportare le stesse imprese nella fase di dichiarazione e liquidazione dei redditi e, parallelamente, intercettare e bloccare sul nascere le frodi», dice Paolo Catti, il Responsabile della ricerca dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione del Politecnico di Milano.

Questo supporto è un vantaggio di riflesso soprattutto per le aziende nuove e più piccole. Il nuovo sistema digitale funge insomma anche da incentivo alla nascita e alla crescita delle imprese, esonerandole da controlli fiscali spesso molto gravosi. C’è quindi un punto, da comprendere per valutare la portata dell’innovazione: gli incentivi ipotizzati non sono una controparte che lo Stato offre per far ingoiare alle aziende la pillola del digitale. Sono invece una conseguenza naturale della maggiore efficienza permessa dal sistema telematico, i cui vantaggi si estendono direttamente alla macchina statale come ad aziende e professionisti. L’importanza della rivoluzione può spiegare anche il rinvio del 20 febbraio. Il ministro per l’economia e le finanze Carlo Padoan era impegnato all’Eurogruppo per gli accordi con la Grecia, quel giorno, e quindi il Governo ha pensato di rimandare un testo che avrebbe ricadute di sistema così grandi.

«Speriamo che sia questa l’interpretazione giusta. E che il rinvio non sia dovuto a una titubanza dell’ultimo momento sulla necessità di questa trasformazione digitale», dice Catti. Un eventuale altro rinvio o un annacquamento del testo sugli incentivi sarebbe davvero un cattivo segnale per chi crede in un nuovo corso possibile per l’Italia grazie al digitale.

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