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Le PMI nello scenario europeo: Italia indietro rispetto ad accesso al credito, innovazione e internazionalizzazione.

I dati del ministero dello sviluppo economico a confronto con quelli della UE a 27

Pubblicato il 01 Apr 2011

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Con la pubblicazione nel 2008 dello Small Business Act (SBA), la Comunità Europea ha riconosciuto il ruolo cruciale che le PMI rivestono per l’economia e fissato 10 principi guida che dovrebbero essere adottati dai Governi a sostegno di tale tipologia di imprese. A due anni di distanza, il Ministero dello Sviluppo Economico ha realizzato un rapporto sullo stato di attuazione dello SBA, effettuando un’analisi comparata della situazione italiana e degli altri paesi dell’Unione.

Nei 27 Paesi dell’Unione Europea il 99,8% delle imprese (23 milioni) ha meno di 249 addetti ed assorbe il 67,4% dell’occupazione. Il 91,8% di esse conta meno di 9 dipendenti, configurandosi quindi come micro imprese, percentuale che in Italia sale al 95% del totale.

Il ruolo della piccola dimensione in Italia trova ulteriore conferma nel numero di addetti che lavorano all’interno di PMI (80% del totale) e dal fatto che in Italia, a fronte di una media UE del 60%, oltre il 71% del valore aggiunto è attribuibile a questa tipologia di imprese. In particolare, il contributo della microimpresa raggiunge nel nostro Paese il secondo valore più elevato tra i Paesi dell’Unione, superata solo dalla Grecia.

In rapporto agli altri Paesi europei, in Italia i costi richiesti per avviare un’impresa sono di gran lunga superiori alla media, così come il numero di procedimenti necessari per registrare la proprietà (8 contro una media di 5,2). Migliore risulta invece la posizione rispetto al numero di giorni necessari per avviare un’attività (10 contro una media di 17,2). La quota degli aiuti di Stato totali destinati alle PMI si attesta per l’Italia ad un valore significativamente al di sopra della media europea (37% rispetto al 10,6%). Nel nostro Paese si è cercato di migliorare il rapporto tra Pubblica Amministrazione e aziende attraverso semplificazioni come la Comunicazione Unica, la Segnalazione certificata di inizio attività (Scia), lo Sportello unico attività produttive e le Agenzie per le imprese.Sul fronte dell’accesso al credito sono stati potenziati il Fondo di garanzia (1,6 miliardi di euro) e il Fondo rotativo (785 milioni di euro) per il sostegno all’innovazione e all’internazionalizzazione; è stata inoltre avviata la riforma degli incentivi alle imprese.

Per quanto riguarda l’area finanziaria, in Italia si evidenziano due aspetti particolarmente negativi: le difficoltà nell’ottenimento del credito ed i tempi di attesa medi per i pagamenti. Altri tre parametri solo leggermente sotto la media sono: la disponibilità di capitale di rischio per la fase iniziale e di ampliamento; la quota prevista di fondi FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) destinata a sostenere la creazione di imprese, il tasso di sviluppo nel periodo 2007-2013. I restanti due indicatori (qualità delle informazioni creditizie e quota prevista di Fondi strutturali per stimolare l’imprenditorialità e le PMI nel periodo 2007-2013) sono invece in linea.

Anche sul fronte dell’innovazione la posizione dell’Italia risulta molto al di sotto della media europea. In particolare, ad allontanare l’Italia dall’Europa sono: la percentuale di imprese che vendono o acquistano on-line (12% in Italia rispetto al 23,5% in Europa), la quota del personale delle PMI laureato (14% rispetto al 30,4%), la percentuale di PMI innovative che lavora in cooperazione con altre (4,3% contro l’11,6%) e la quota di imprese che hanno sviluppato e commercializzano prodotti nuovi (54,4% in Italia, 63,8% in Europa).

Riguardo l’export, mentre la quota di PMI che hanno esportato si colloca leggermente al di sopra della media UE (27,3% rispetto a 27,1%), i seguenti indicatori ne risultano al di sotto: percentuale di fatturato derivante dalle esportazioni (3,5% contro il 5,6%); numero di giorni richiesti per esportare (20 rispetto a 11) o per importare (18 contro 13); percentuale di PMI che percepiscono reddito da filiali e/o partecipate all’estero (1,9% rispetto al 4,7%); percentuale di PMI che hanno investito all’estero nel triennio 2006-2008 (1,6% rispetto al 3,7%).

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