Scenari

Budget ICT italiani, 2015 in calo. L’outsourcing diventa Cloud

Nel 2014 le imprese del nostro Paese hanno dedicato il 2,1% del fatturato alle tecnologie ICT, dato che nel 2015 si ridurrà di oltre il 2%. Si conferma la propensione a esternalizzare, con passaggio dal “Time and Material” al modello “as a service”. Tra le priorità di investimento Business Intelligence, ERP e Mobile, in crescita la dematerializzazione. I risultati della Survey CIO 2014 della Digital Innovation Academy del Politecnico di Milano

Pubblicato il 05 Dic 2014

Budget ICT ancora in calo, conferma per la propensione all’outsourcing, con riduzione dei contratti Time and Material, e un progressivo spostamento verso il modello Cloud “as a service”. Questi i tratti principali dello scenario che si prospetta per le direzioni ICT italiane nel 2015, secondo l’indagine CIO 2014 realizzata dalla Digital Innovation Academy del Politecnico di Milano.

Per il prossimo anno quindi si prevede ancora una situazione di stagnazione, con budget ICT che, dopo le riduzioni degli ultimi anni, è stimato dai CIO ancora in calo mediamente del 2,08% rispetto a quest’anno. Mediamente, il budget delle Direzioni ICT italiane nel 2014 è stato pari al 2,1% del fatturato, dato che colloca il nostro Paese agli ultimi posti tra i Paesi industrializzati per quanto riguarda gli investimenti in nuove tecnologie.

«Stupisce – scrivono i ricercatori del Politecnico di Milano – come, a fronte di questi dati, il 37% dei CIO ritenga il suo budget ICT sufficiente rispetto alle esigenze di innovazione di business: un sintomo di rassegnazione o di una diffusa mancanza di visione dell’urgenza e delle opportunità dell’innovazione digitale».

Scendendo nel dettaglio delle aree di investimento prioritarie, i CIO italiani mettono ancora una volta in vetta la Business intelligence (56% delle preferenze), seguita dalla Dematerializzazione (53%) – in crescita grazie alla spinta della fatturazione elettronica –, dallo sviluppo di sistemi ERP (48%), dall’introduzione di applicazioni e device mobili (40%), e dallo sviluppo e rinnovamento dei sistemi CRM (31%), a pari merito con il Consolidamento applicativo. Lo sviluppo di relazioni e collaborazioni con startup innovative invece risulta una priorità solo per l’8% delle imprese.

Per quanto riguarda l’organizzazione della struttura ICT, si conferma l’esigenza di nuove competenze, in particolare di Innovation e Demand Management, ma anche di Risk management & Compliance, e Change Management per governare l’innovazione digitale con modelli e processi sempre più integrati con le Linee di Business. Coerentemente con l’alta priorità per la Business Intelligence, poi, risultano molti ricercati anche professionisti esperti di Big Data and Analytics Management.

L’indagine – realizzata su oltre 170 CIO italiani – è stata presentata qualche giorno fa al Convegno “Innovazione digitale: l’Italia delle imprese (im)possibili” tenutosi presso il campus Bovisa del Politecnico di Milano. Il Convegno, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, è l’evento annuale della Digital Innovation Academy rivolto alla Community dei CIO e dei Business Executive italiani.

«Serve più consapevolezza del fatto che il digitale non è soltanto una opportunità di innovazione, ma una vera necessità, un fenomeno ‘disruptive’ in grado di cambiare tutte le regole della competizione. Nessuno può chiamarsi fuori», ha detto Mariano Corso, Co-Responsabile scientifico della Digital Innovation Academy. «Non esistono più settori tradizionali da contrapporre a quelli digitali, ogni business può essere oggetto di una trasformazione digitale. Gli stessi prodotti fisici sono sempre più trasformati o sostituiti da servizi software».

In questa situazione, ha spiegato poi Andrea Rangone, Co-Responsabile scientifico della Digital Innovation Academy, si creano spazi per l’emergere di startup tecnologiche che, pur senza grandi risorse, possono mettere in difficoltà realtà con organizzazioni e modelli di business apparentemente robusti e consolidati. «Ma il nostro Paese appare ancora avviluppato in una paralisi strutturale. Fanalino di coda tra i Paesi industrializzati per investimenti nel digitale, l’Italia non riesce a uscire dal circolo vizioso che, per carenza di innovazione, la porta a un progressivo declino di crescita e competitività».

Pur in uno scenario del genere però, sottolineano i ricercatori, non mancano imprese che riescono a cogliere la sfida della trasformazione digitale, dimostrando non solo di resistere alla crisi, ma anche di crescere raggiungendo ottimi risultati economici e finanziari, coniugando radici e cambiamento, tradizione e trasformazione.

Il budget ICT 2014, nella media delle imprese italiane, è pari solo al 2,1% del fatturato: un dato lontano dalle medie europee e mondiali, e in calo rispetto al 2013, quando la media era del 2,5%. L’indagine però evidenzia alcuni picchi positivi nei settori Media-Telco (3,9%) e Finance (3,5%), mentre si distingue in negativo l’Industria con appena l’1,4%. Completano il quadro i settori Servizi (2,8%), Utility&Energy (1,5%), PA-Sanità (2,8%).

Nel 2015 secondo i CIO intervistati i budget ICT scenderanno ancora, in tutti i settori. Le grandi imprese sono quelle che più indirizzano la tendenza, con un calo per il 2015 del 2,2%.

Anche se la propensione all’outsourcing delle imprese italiane sale in quarta posizione tra le sfide organizzative (scelta nel 33% dei casi), tale tendenza non si traduce in aumento della spesa in esternalizzazione, che si mantiene stabile. Il 44% della spesa in servizi ICT esternalizzati è associata a contratti “chiavi in mano”, il 31% a contratti “time & material” e il 25% a contratti “as a service”. Quest’ultima tipologia mostra il principale trend di crescita, con un aumento nel 35% dei casi per il 2015.

La maggioranza dei CIO ritiene il budget ICT inadeguato rispetto alle richieste delle Linee di Business. Il 21% ha dovuto tagliare alcuni progetti o servizi nonostante l’interesse per il Business, il 12% è riuscito comunque a coprire le richieste con azioni di efficienza interna (autofinanziamento) e il 21% ha un budget che copre le richieste esplicite delle Linee di Business, ma non le vere esigenze di innovazione. Per il 9% dei CIO invece il budget è adeguato perché le richieste del Business sono di continuità e non guardano alle esigenze e opportunità di innovazione digitale. Ma per il 37% dei CIO il budget ICT risponde anche alle esigenze di innovazione digitale del Business.

La principale sfida per l’innovazione organizzativa nell’ICT anche nel 2015 rimane lo sviluppo di ruoli e competenze per la Gestione dell’Innovazione digitale, evidenziata dal 52% dei CIO. Seguono ruoli e competenze per il Demand management (36%), per il Mobile, sia consumer che business (35%), e l’esternalizzazione di attività (33%). Mediamente il 38% delle risorse della Direzione ICT è costituita dal nucleo operativo (in calo rispetto al 2013), il 20% è dedicato alla Linea intermedia, il 21% al presidio dei clienti interni (in crescita), il 14% alla governance (anch’essa in crescita), mentre della gestione dei fornitori si occupa solo il 7% delle risorse, in calo rispetto al 2013.

Budget ICT 2015 in calo: «Quadro difficile, ma non mancano le imprese coraggiose»

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